Eventi

'Non è lavoro, è sfruttamento': l'inchiesta di Marta Fana alla Ubik

Marta Fana

“Dicevano: meno diritti, più crescita. Abbiamo solo meno diritti. La modernità paga a cottimo. Così dilaga il lavoro povero, spesso gratuito, la totale assenza di tutele e di stabilità lavorativa. È una condizione che coinvolge più di una generazione. Non più solo la generazione Erasmus e i Millennials, ai quali si è ripetuto il mantra dei giovani schizzinosi o emigranti per scelta. Ma anche le generazioni precedenti. Da troppo tempo si tace sulla perdita di diritti e sul crescente sfruttamento, la chiamano pace sociale. Ora è il momento di fare pulizia: il lavoro è la questione fondamentale del nostro tempo”. Giornalista d’inchiesta di taglio politico-economico, ricercatrice, tra le personalità maggiormente in grado di animare il dibattito sul tema del lavoro in Italia, Marta Fana ha scritto un libro dal titolo inequivocabile: Non è lavoro, è sfruttamento (Laterza, 2017). Mercoledì 17 gennaio, alle ore 19, nello spazio live della libreria Ubik, l’autrice presenta la sua inchiesta, protagonista di un dibattito aperto al pubblico di Foggia. A conversare con Marta Fana, Marco Barbieri (docente di Diritto del lavoro dell’Università degli studi di Foggia) e Gemma Pacella (dottoranda di ricerca all’Università politecnica delle Marche).

Non è lavoro, è sfruttamento (Laterza, 2017; pagine 192). Giovani e meno giovani costretti a lavorare gratis, uomini e donne assuefatti alla logica della promessa di un lavoro pagato domani, lavoratori a 3 euro l’ora nel pubblico e nel privato: questa è la modernità che paga a cottimo. Sottoccupazione da un lato e ritmi di lavoro mortali dall’altro. Diritti negati dentro e fuori le aziende per quanti non vogliono cedere al ricatto. Storie di ordinario sfruttamento, legalizzato da vent’anni di flessibilizzazione del mercato del lavoro. Malgrado la retorica della flessibilità espansiva e del merito come ingredienti indispensabili alla crescita sia stata smentita dai fatti, il potere politico ha avallato le richieste delle imprese. Il risultato è stato una cornice legislativa e istituzionale che ha prodotto uno sfaldamento del mondo del lavoro: facchini, commesse, lavoratori dei call-center, addetti alle pulizie in appalto procedono in ordine sparso, non sentono più di appartenere alla medesima comunità di destino.

Le inchieste di Marta Fana sul Jobs Act e la sua lettera al ministro Poletti, condivise da migliaia e migliaia di lettori, hanno portato alla luce la condizione del lavoro in Italia, imponendola all’attenzione pubblica come voce di un’intera generazione.

Marta Fana. Ha conseguito un dottorato di ricerca in Economia presso l’Institut d’Études Politiques di SciencesPo a Parigi. Scrive per “Internazionale” e “il Fatto Quotidiano”. Ha iniziato l’attività di ricerca studiando appalti e corruzione e oggi si occupa di political economy, in particolare di diseguaglianze economico-sociali e mercato del lavoro. Ha lavorato all’ufficio studi di Consip, all’EBRD e all’OCSE e ha collaborato con “il manifesto” e “Pagina99”.


Si parla di